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Tribunale di Bologna > Licenziamento disciplinare
Data: 19/11/2007
Giudice: Marchesini
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 528/07
Parti: Sapir srl / Elisa M – Società Reale Mutua di Assicurazioni spa - INAIL
LICENZIAMENTO – RICHIESTA DI DICHIARAZIONE DI ACCERTAMENTO DI ILLEGITTIMITÀ: IDONEITÀ A RICOMPRENDERVI LA DOMANDA DI ANNULLABILITÀ O DI NULLITÀ – RICHIESTA DI DECRETO INGIUNTIVO PER IL TFR – MANIFESTAZIONE TACITA DI VOLONTÀ DI ACCETTARE IL LICENZIAMENTO:


LICENZIAMENTO – RICHIESTA DI DICHIARAZIONE DI ACCERTAMENTO DI ILLEGITTIMITÀ: IDONEITÀ A RICOMPRENDERVI LA DOMANDA DI ANNULLABILITÀ O DI NULLITÀ – RICHIESTA DI DECRETO INGIUNTIVO PER IL TFR – MANIFESTAZIONE TACITA DI VOLONTÀ DI ACCETTARE IL LICENZIAMENTO: INSUSSISTENZA – PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ TRA SANZIONE E INFRAZIONE

Art. 7 legge n. 300/1970

Art. 1206 cod. Civ.

Ad un dipendente venivano contestati due addebiti: il primo relativa ad un presunto alterco con un collega, contro il quale avrebbe scagliato addirittura un tavolo, facendolo cadere e ferendolo; il secondo relativo all’abbandono ingiustificato, alcuni giorni dopo, della propria postazione di lavoro per circa venti minuti lasciando incustodita la filiale all’interno della quale stava lavorando personale di una cooperativa esterna. Fornite invano le giustificazioni (con le quali negava il fatto storico dell’esistenza del primo addebito e forniva una versione diversa del secondo) il dipendente veniva licenziato; conseguentemente impugnava il licenziamento chiedendo che fosse accertata e dichiarata l’illegittimità dello stesso con condanna della società alla reintegra e al risarcimento del danno in misura corrispondente alle retribuzioni mensili globali di fatto dovute e non percepite. Si costituiva in giudizio il datore di lavoro eccependo in primo luogo l’inammissibilità della domanda di accertamento della asserita illegittimità del licenziamento, posto che il termine “illegittimità” non consentiva alla parte di proporre un petitum di annullabilità. Eccepiva poi che la domanda di parte ricorrente era comunque inammissibile poiché, successivamente all’impugnazione del licenziamento, il ricorrente aveva richiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo per il pagamento del TFR e tale decreto ingiuntivo, non opposto, precludeva il successivo accertamento dell’eventuale illegittimità del licenziamento poiché costituiva manifestazione della volontà di accettare il licenziamento irrogato. Nel merito, infine, affermava che il licenziamento irrogato era legittimo, stante la fondatezza e gravità degli addebiti contestati.

Il Tribunale, preliminarmente, respinge la prima eccezione in quanto “palesemente infondata”: dichiara in fatti il Giudice che «il termine “illegittimità” è semplicemente sinonimo di “contra ius” e supporta naturalmente sia un petitum di annullabilità, sia un petitum di nullità. Sul punto è costante la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 14426/2000; n. 5639/2001)».

Per quanto concerne la seconda eccezione preliminare il Tribunale osserva che nessuna norma pone, né esplicitamente né implicitamente, il principio da cui possa dedursi una manifestazione di volontà di accettare gli effetti di un licenziamento irrogato in forza di richiesta di decreto ingiuntivo per il pagamento del TFR proposta dopo il licenziamento medesimo: la volontà palesata dal lavoratore, che ha coltivato diligentemente la domanda di illegittimità del licenziamento, emerge con chiarezza, «mentre la richiesta di liquidazione del TFR ha palesemente lo scopo di consentire al lavoratore di accedere a risorse che gli consentano di vivere durante il periodo di disoccupazione conseguente al licenziamento».

Nel merito il Giudice ritiene, sulla base delle testimonianze raccolte, che il primo fatto addebitato non sussista e che il collega asseritamente colpito abbia in realtà simulato un inesistente ferimento: conseguentemente considera inattendibile la testimonianza di quest’ultimo, evidenziando anche «la sussistenza di un interesse che avrebbe legittimato la sua partecipazione al giudizio». Quanto al secondo addebito, è risultato – sempre dalle testimonianze – che: l’assenza del lavoratore aveva avuto una durata inferiore a quella contestata; lo stesso aveva con sé il cellulare per poter essere avvertito di eventuali problemi; nel magazzino non vi erano valori da custodire; dal breve allontanamento non è derivato alcun problema né alcun danno alla società convenuta; tale comportamento era tenuto solitamente da tutte le persone addette ed era sempre stato tollerato dalla società datrice di lavoro. Il Tribunale, dopo avere ricordato che «affinché il fatto addebitato con la contestazione disciplinare possa integrare giusta causa di licenziamento, occorre che lo stesso presenti elementi di gravità soggettivi ed oggettivi, ed incida sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare sull’elemento fiduciario» e che «nel caso in esame il fatto, come ricostruito, appare di lievissima entità e non ha arrecato alcun danno al datore di lavoro, né era suscettibile di arrecarlo» dichiara illegittimo il licenziamento, risultando «evidente l’assoluta sproporzione tra tale comportamento e la sanzione disciplinare irrogata».




Tribunale di Bologna > Licenziamento disciplinare
Data: 10/06/2008
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 329/2008
Parti: Francesco P./S.D.A. Express Courier S.p.A.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – ACCUSA DI AVER APPOSTO UNA CROCE SULLA FOTOGRAFIA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETA’ – GIUSTA CAUSA: INSUSSISTENZA


Art. 2119 c.c.

 

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – ACCUSA DI AVER APPOSTO UNA CROCE SULLA FOTOGRAFIA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETA’ – GIUSTA CAUSA: INSUSSISTENZA

REQUISITI DIMENSIONALI PER L’APPLICABILITA’ DELLA TUTELA REALE.

 

A monte dell’episodio che ha portato al licenziamento vi è un grave deterioramento dei rapporti tra le parti, avendo già il lavoratore impugnato avanti all’Autorità Giudiziaria un trasferimento presso la sede di Roma ed un lamentato demansionamento. Poco dopo il lavoratore viene accusato di aver apposto una croce (X) con un pennarello blu sopra la fotografia del legale rappresentante della società pubblicata sulla prima pagina del giornale aziendale, affisso nella bacheca aziendale di Doreca Roma.

Il lavoratore nega di aver tenuto la condotta contestata, ma anche a prescindere dall’accertamento del fatto il Giudice accoglie il ricorso di impugnazione del licenziamento affermando che «anche se il fatto contestato fosse vero, consisterebbe in una forma di critica e di protesta di dubbio gusto, meritevole presumibilmente di una sanzione conservativa, ma mai di quella espulsiva».

Secondo il Tribunale il fatto è stato asseritamente commesso all’interno dei locali aziendali e per ciò stesso poteva essere rilevato da un numero limitato se non esiguo di persone; inoltre il foglio su cui la X era stata tracciata era destinato ad essere rapidamente rimosso senza nessun danno per l’azienda, né per la reputazione del legale rappresentante: «agli occhi del terzo, ignaro di chi ne fosse l’autore, il segno tracciato sulla foto non poteva che apparire come il risultato di una bravata. E una bravata non giustifica il licenziamento».

Per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, la società aveva eccepito l’inapplicabilità dell’articolo 18 della legge n. 300/1970 in quanto nella sede di Bologna dalla quale il lavoratore era stato trasferito occupa meno di 15 dipendenti mentre in quella di Roma, ove i dipendenti occupati erano 21, molti dipendenti risultavano distaccati presso altre società del gruppo. Invero il Giudice a tale proposito osserva che, in ordina alla tutela da applicare, quella che conta è la sede dove il lavoratore è in forza al momento del licenziamento (anche se ha contestato il trasferimento) mentre non rileva che qualche dipendente sia stato distaccato «perché il lavoratore distaccato continua a dipendere, sia dal punto di vista burocratico amministrativo, che da quello sostanziale gerarchico, dalla sede di lavoro cui è assegnato».




Tribunale di Bologna > Licenziamento disciplinare
Data: 11/07/2008
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 397/2008
Parti: Giovanni S. / CXXX S.r.l.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – PILOTA AMMINISTRATORE UNICO DI SOCIETA’ CON OGGETTO SOCIALE ANALOGO A QUELLO DELLA SOCIETA’ DATRICE DI LAVORO - VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI CONCORRENZA: NON SUSSISTE – TARDIVITA’ DEL LICENZIAMENTO PER INOSSERVANZA DEI TERMINI


Art. 2105 cod. civ.

Art. 2119 cod. civ.

 

   Il caso riguarda un pilota di seconda classe di una società che fornisce servizio di aereo taxi, cioè di trasporto aereo per privati, utilizzando la flotta di propria proprietà o aerei locati da terzi. Con comunicazione del 27.5.2005 la datrice di lavoro gli contestava la violazione dell’obbligo di non concorrenza (rectius di fedeltà) previsto dall’art. 2105 c.c., essendo venuta a conoscenza che egli era amministratore unico e socio di maggioranza di Aerplanet srl, società con oggetto sociale analogo a quello di Foxair. Dopo aver ricevuto le giustificazioni in data 16.5.2005, con successiva lettera  datata 14.7.2007 la società lo licenziava per giusta causa. Il lavoratore, impugnando il licenziamento, eccepisce preliminarmente la tardività della contestazione e del successivo licenziamento anche con riguardo ad una disposizione del contratto collettivo applicato da Foxair, in forza del quale le sanzioni disciplinari devono essere adottate entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione delle difese del lavoratore. Sul punto Foxair replica che il contratto in cui è previsto tale termine non è un contratto collettivo, ma semmai un contratto plurimo, perché non fu sottoscritto da alcuna associazione o rappresentanza sindacale dei dipendenti ma solo, in nome proprio, da due di essi; e pertanto esso non si applicherebbe al rapporto di lavoro del ricorrente, che non lo ha sottoscritto.

Osserva il Tribunale di Bologna che «il rilievo alla natura di tale contratto astrattamente è corretto, perché il contratto collettivo, per essere tale, richiede che, quantomeno dal lato dei lavoratori, sia sottoscritto da un soggetto collettivo, rappresentante di una collettività di dipendenti. Tuttavia in concreto il Giudice osserva che quello stesso contratto, intitolato tra le parti “contratto collettivo” fu recepito nel contratto individuale del ricorrente, quantomeno quanto alla declaratoria della mansioni conferite (“mansioni di pilota di seconda del CCNL aziendale piloti”, ove la “n” dell’acronimo è chiaramente un refuso). È chiaro che le parti, richiamando la declaratoria del “contratto collettivo” in uso in azienda, avevano in animo di farne propria l’integrale regolamentazione. (…) E pertanto la forza normativa di quel contratto deve ritenersi estesa, per espressa volontà delle parti, anche al rapporto di lavoro del ricorrente».

Ma il Giudice, anche a prescindere dall’ aspetto formale, ritiene il recesso tardivo deducendo da una serie di prove, anche documentali, che il datore di lavoro non poteva non sapere da tempo dell’attività svolta dal ricorrente e non ritenendo conseguentemente credibile la sorpresa manifestata nella lettera di contestazione con la quale si affermava di aver appreso di detta attività solo “da una recente visione di depliants dell’impresa” asseritamente concorrente.

Sotto l’aspetto sanzionatorio la società convenuta aveva eccepito le ridotte dimensioni occupazionali di Foxair ai fini dell’inapplicabilità dell’art. 18 legge n. 300/70.

A tale proposito il giudice esamina il rapporto intercorrente tra Foxair e Aereo Piaggio Industries SpA anche alla luce delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero dal legale rappresentante della società convenuta: in particolare dall’inizio del 2005 i vertici operativi della società (direttore di volo e direttore commerciale) furono attribuiti a dipendenti Piaggio; Foxair non aveva più dipendenti amministrativi e commerciali né tecnici per curare la manutenzione degli aerei, avendo conservato alle proprie dipendenze solo i piloti. Foxair aveva spostato la propria sede presso Aereo Piaggio e operava utilizzandone le strutture immobiliari e mobiliari. Il mamagemant di Foxair era tratto da Piaggio Aereo ed operava avvalendosi di uomini e mezzi di quest’ultima. Circa l’eccezione secondo la quale vi sarebbe stata una esternalizzazione di porzioni dell’attività produttiva di Foxair in favore di Aereo Piaggio, il Giudice osserva che - a prescindere dalla mancanza di prova e adeguate argomentazioni in grado di sorreggere l’assunto - «il rilevo decisivo risiede nel fatto che Foxair non avendo un proprio direttore di volo, ed un proprio direttore tecnico (che non fossero, essi stessi, dipendenti di Aereo Piaggio) non era in condizione di svolgere un ruolo di efficace controparte contrattuale in sede di esecuzione degli ipotetici contratti di appalto di fornitura intercorsi con AereoPiaggio».

Conclusivamente il Tribunale accoglie il ricorso, condannando la Società alla reintegrazione nel posto di lavoro.




Tribunale di Bologna > Licenziamento disciplinare
Data: 23/11/2010
Giudice: Palladino
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento:
Parti: DATALOGIC S.P.A. / YYY
LICENZIAMENTO PER APPROPRIAZIONE INDEBITA E PAGAMENTI NON DOVUTI – ESECUZIONE DI ORDINI AZIENDALI ILLECITI – INSUSSISTENZA DELLA GIUSTA CAUSA – CONVERSIONE IN GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO - RISARCIMENTO DANNI PATITI DALL’AZIENDA – ESCLUSIONE DEL NESSO


Art. 2104 c.c.

Art. 1218 c.c.

Art. 1223 c.c.

Art. 2043 c.c.

Art. 1226 c.c.

 

La società Datalogic s.p.a. ha convenuto in giudizio una propria dipendente, licenziata per essersi sistematicamente appropriata di rilevanti somme di denaro ed aver effettuato pagamenti non dovuti, chiedendo il risarcimento dei danni e la declaratoria di giusta causa di licenziamento ovvero in subordine la conversione in licenziamento per giustificato motivo. Si costituiva nel giudizio la lavoratrice, la quale pur ammettendo di aver effettuato i prelievi contestatile, sosteneva di aver sempre prelevato il denaro su indicazione proveniente da dirigenti aziendali al fine di corrompere sistematicamente funzionari pubblici, come peraltro accertato nel corso del procedimento penale instaurato nei suoi confronti per appropriazione indebita e calunnia, archiviato dal Gip; la convenuta quindi chiedeva il rigetto delle domande aziendali ed in via riconvenzionale impugnava il licenziamento per giusta causa intimatole.

Il Tribunale di Bologna ha ritenuto plausibile la versione dei fatti sostenuta dalla lavoratrice accertata anche in sede penale, considerato anche che i prelievi si erano prolungati per un considerevole lasso tempo senza che alcun rilievo le venisse mosso e che la società comunque non aveva fornito precisi elementi tali da far ritenere che il denaro fosse finito nella personale disponibilità della ex dipendente. Pertanto ritenendo la lavoratrice un mero strumento di soggetti ad essa gerarchicamente sopra ordinati, il Giudice ha rigettato la domanda di risarcimento danni, in quanto la natura meramente strumentale ed eventualmente fungibile delle sue condotte escludeva il nesso causale tra esse ed il danno subito dalla società. Invece il Tribunale ha ritenuto sussistente una responsabilità disciplinare della lavoratrice, la quale avrebbe avuto il dovere di astenersi dall’eseguire ordini illeciti, dovendo l’obbligo del lavoratore di cui al secondo comma dell’art. 2104 c.c. arrestarsi di fronte ad ordini manifestamente illeciti; pertanto pur escludendo la giusta causa di licenziamento per l’aver la lavoratrice eseguito ordini altrui, il Tribunale di Bologna ha ritenuto comunque che il comportamento della convenuta costituisse un notevole inadempimento che giustifica la conversione del recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo.